Righetti:”Con il Liverpool punto massimo della storia giallorossa”

L’incontro a Porto Recanati

E’ nato a Sermoneta, ma vive nella nostra Pollenza. Ubaldo Righetti, difensore campione d’Italia con la Roma nella stagione ’82-’83, è in vacanza a Porto Recanati con la figlia e L’Indiscreto lo ha incontrato allo stabilimento “Oasi”. Dalla vittoria del tricolore alla maledetta notte con il Liverpool, dalla recente esperienza Rai in qualità di commentatore tecnico agli Europei al futuro da allenatore. Righetti si racconta a 360 gradi e, nel commentare il calcio scommesse, ci svela che è in attesa della chiamata giusta per tornare in panchina.

Salve Righetti. Da Pollenza a Porto Recanati, passando per gli Europei in Polonia-Ucraina… “Sono da pochi giorni in vacanza qui, dopo la bellissima esperienza degli Europei come commentatore RAI. Sicuramente un’avventura che porterò con me per sempre, perché ti fa crescere e conoscere posti e tradizioni lontane. L’unico rammarico è aver potuto visitare pochissimo le città in cui eravamo, sempre presi dai mille impegni lavorativi che ci costringevano a ritmi molto alti. Ma, nonostante il grande impegno richiesto, è sempre piacevole vivere esperienze formative come questa. Devi essere sempre aggiornato e documentato e questo ti stimola a fare sempre meglio”.

Ubaldo Righetti, oggi, è commentatore RAI. Ma il suo sogno nel cassetto è un altro non è vero? “Sicuramente la mia grande passione è allenare, dato che nel 2000 ho conseguito anche il patentino di Prima Categoria e ho avuto modo di guidare Gela, Fano, Lodigiani, Tivoli e Renato Curi Angolana. Mi guardo in giro e attendo la chiamata giusta per poter tornare in panchina, nel frattempo sto vivendo questa bellissima esperienza con la tv nazionale. Ho avuto qualche contatto ma niente di deciso e concreto, spero di tornare presto alla guida di una squadra”.

Centrale campione d’Italia con la Roma di Lidholm, tre coppe Italia in bacheca e l’esperienza in Nazionale. Quali ricordi ti legano maggiormente alla tua carriera di giocatore? “Sono stato allenato da grandi tecnici, da Liedholm a Mazzone passando per Galeone. Ma con lo svedese ho imparato davvero tanto. Tutti oggi parlano della Spagna e del suo gioco spumeggiante, dimenticando forse che i primi ad attuare questa filosofia calcistica fummo proprio noi giallorossi. Passaggi stretti e ripartenze, gioco a terra e possesso palla. La Roma di Nils Liedholm è la migliore squadra, o una delle migliori, che si siano mai viste su un campo di calcio. Quella squadra arrivò a giocarsi anche la finale di Coppa Campioni, in casa, contro il Liverpool. Tutti sanno come andò a finire, con grande delusione generale dettata anche dal fatto che ci giocammo il titolo davanti i nostri tifosi. Ma forse non avevamo esperienza e maturità per quel tipo di gare, anche se è indubbio che quello fu il punto massimo della storia giallorossa. Ci condannarono i rigori, quello che segnai io ancora lo ricordo ovviamente. Non mi passò niente per la testa, già sapevo quale angolo volevo centrare e andai sul dischetto convinto. Feci gol, ma purtroppo lasciammo agli inglesi quella coppa. Ma il Liverpool era la squadra più forte del mondo in quel momento e riuscimmo a metterli alle corde costringendoli ai penalty. Non la ricordo come una gara maledetta, ma come la più bella che Roma e la Roma abbiano potuto vivere. Ovvio che vincerla sarebbe stato straordinario, ma non fu la fine di un ciclo. Nel tirare i rigori ci vuole freddezza e tecnica, quella sera non fummo abbastanza bravi e ci arrendemmo con onore. In Nazionale ho avuto modo di conoscere calciatori del calibro di Altobelli, Scirea, Cabrini, Tardelli, Gentile e Paolo Rossi e la figura che ancora mi emoziona è quella di mister Enzo Bearzot. Un grandissimo personaggio, un eccezionale mister a cui mi legano ricordi indelebili. Quando nella tua carriera incontri allenatori come Mazzone, Bearzot e Liedholm non puoi che essere soddisfatto di quello che hai fatto. Erano i tempi in cui si giocava anche per il mister e questo è quello che oggi, forse, manca rispetto ad allora. Se avrei potuto fare una carriera ancor più importante? Sono del parere che nella vita si può e si deve sempre far meglio, una pubalgia mal gestita e curata mi ha limitato parecchio, ma mi ritengo comunque soddisfatto di quello che sono riuscito ad ottenere”.

Con chi dei vecchi colleghi, ha mantenuto rapporti d’amicizia? “Sicuramente Bruno Conti, con il quale ci sentiamo spesso e mister Mazzone, una vera forza della natura. Carletto sa trasmetterti una carica incredibile, sa tirare fuori da te il 100% sempre, in ogni occasione. Anche con Paulo Roberto Falcao, quando torna in Italia, ci vediamo e sentiamo”.

Quale differenza si nota maggiormente tra il suo calcio e quello odierno? E cosa pensa dello scandalo calcio scommesse? “Oggi, sicuramente, il gioco è più veloce. Ma sono cambiati anche gli atteggiamenti dei giocatori, le gestioni societarie e i ritmi, oggi imposti per lo più dalle grandi televisioni. Cambia la durata del ritiro, si gioca ogni tre giorni e girano molti più soldi. I giocatori vivono in un mondo dorato e sono osannati dai loro tifosi, perdendo a volte il contatto con la realtà. Il calcio scommesse è una bruttissima piaga che sta minando il sistema italiano. C’è chi lo fa per divertimento, chi per il senso della sfida, chi perché affetto da una vera e propria malattia. Non c’è solo il fattore economico dietro il mondo delle scommesse, spesso ci sono componenti psicologiche a noi sconosciute. Molti dicono che i calciatori hanno davvero tutto, ma forse non hanno in mano la loro vita. Quella reale, quella che si vive al di fuori dal mondo dorato del calcio, molti non hanno idea di come sia fatta”.

Oltre Roma ha avuto modo di giocare a Udine e Lecce, due splendide città ancora oggi ambite da molti calciatori. “A Lecce avevo anche pensato di vivere dopo aver smesso, è una città bellissima che ricordo con grande piacere. Udine e il Friuli in genere, sono realtà tutt’oggi invidiate per la loro fame di calcio senza però esasperazione. C’è grande attenzione verso la squadra, ma non c’è la pressione negativa che spesso caratterizza le grandi città; l’Udinese di oggi è la prova di tutto questo”.

Per chiudere. A quando Ubaldo Righetti di nuovo in panchina? “Spero davvero presto, è il mio sogno e ho tutta l’intenzione di realizzarlo. Mi manca il campo, attendo la chiamata giusta”.

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